sabato 11 febbraio 2012

pensieri sconnnessi di una bis-mamma che cerca un angolo suo

Che passare da 3 a 4 non sarebbe stato come bere un bicchier d'acqua lo sospettavo.
Di per sé è pure meno peggio di quello che mi ero immaginata.
Ai fatti sono arrivata a dirmi "basta" a quello che faccio, perchè vorrei fare tutto ma sono una contro casa, Mimi, Iaia e l'orologio che comunque scandisce ritmi inderogabili.
Ma sono viva.
Sono bis-mamma da 10 giorni e non riesco a fare a meno di guardarmi indietro a quando ero mamma 2 anni e 4 mesi fa, in pieno baby blues, reduce da un parto non "liscio come l'olio" come questo, sfatta sfattissima sul baratro di quella che poi è stata una depressione post-partum, anche se nessun'esperto me l'ha mai detto chiaramente. Mia mamma dice che a vedermi non sembra nemmeno che abbia partorito.
Io mi sento bene, anche se talvolta capitano momenti di sconforto, quando magari le cose si accavallano come il preparare la cena, le richieste di attenzione della Mimi e per metterci pure il carico di briscola la Iaia che ha le colichette e vuole stare perennemente attaccata alla tetta. Ah, ovvio: Luca trova traffico ed arriva con quel quarto d'ora di ritardo in cui si concentra il delirio.
Fortunatamente si dorme. Ogni marmocchietto che si rispetta si sveglia per le poppate notturne: qui ci si addormenta mentre si poppa, oppure si ottimizza dormendo-poppando. Cara grazia che 10 mesi di allattamento della Mimi mi hanno sgamata quel tanto per conoscere bene ed applicare le posizioni "comode" da allattamento, così si finisce che mentre io produco meglio della Lola, dormo e qualcun'altra consuma dormendo.
Mi guardo sempre indietro a considerare com'ero 2 anni e 4 mesi fa e come sono adesso. Sicuramente più serena ad affrontare una bimba così piccola, anche se ieri il moncone ombelicale mi ha spiazzata facendomi andare dalla pediatra, tra il sentirmi "madre iper-apprensiva" per un nonnulla, o "madre sciagurata". Nonnulla = madre iper apprensiva, ma meglio così che cosà.
Poi meno famelica: mangio molto di meno, non ho la stessa fame "da gatta che allatta" che avevo con la Mimi. Il latte caldo zuccherato non è una richiesta di cibo, ma una coccola che mi concedo a fine giornata quando spero che le cose siano quiete per un po', ma si tratta sempre di una calma apparente in equilibrio instabile.
Ripenso anche ai 2 parti: non faccio paragoni tra le 2 sorelle che in questo caso sono "personaggi non giocanti", ma penso a me a quello che è successo ed alle mie scelte. Penso che questo è stato il parto delle mie rivincite personali: prima fra tutte sono riuscita a donare il sangue del cordone ombelicale, cosa che mi rende molto orgogliosa sapendo che potrebbe salvare la vita di qualcuno. Lo avevo fatto anche con il precedente parto, ma il quantitativo era di poco inferiore alla quantità minima richiesta e andò al macero. Sono orgogliosa di aver gestito bene da subito il dolore, respirando bene e rifiutando sia l'analgesia del parto in acqua che dell'epidurale, e sfruttandolo per rendere il tutto più efficace. Ho urlato, fottendomene di quello che potesse pensare chi mi avesse sentita: mi serviva quando non dovevo spiengere e basta. Ci ho messo 2 ore dall'accettazione al pronto soccorso al cambio di urlatrice: Valeria uscita di lì ha urlato tutto quello che doveva dire al mondo, ha urlato con la puericultrice, ha urlato in braccio al Papà e poi ha deciso di stare zitta quando è arrivata sulle tette. Ho detto un po' come se fosse una consuetutide "se sapevo che eri così grossa col cavolo che spingevo così tanto", ma non era "sentito" come per Marina. Sono stata solo contenta quando è uscita che lo fosse e basta. Il maiale da 3,490 kg a 41 settimane suonate fresche fresche di gestazione.
Ho pensato, ma non l'ho detto, "esci da questa Pirla!", però le ho urlato "FUORI!!!" ottenendo in complimenti dell'ostetrica, anche se prima ho detto: "basta tiratemela fuori", ma non mi hanno ascoltata.
Ho avuto una compagna di camera deliziosa, e teneramente spaesata da prima figlia, che ha partorito il mio stesso giorno, ma con 20 ore di differenza passate tutte in travaglio, poveretta.
Non ci scorderemo mai la faccia di Marina entrando in camera. La prima cosa che ha detto vedendo Valeria dormire sul mio petto è stata "Chi è?!?!", seguito da tipica faccia a labbro quadrato all'ingiù per poi cercare di nascondersi tra le gambe del papà, quando le ho rivelato che era sua sorella.
Gelosia, qualcosa. Si preoccupa che la Iaia dorma, se piange, se perde il cappellino che ha costantemente addosso, di darle il ciuccio o il suo gatto di peluche. Le vuole fare le carezze, anche se a volte è un po' irruenta. La gelosia si palesa quando le dò la tetta: anche Marina vuole venire in braccio, o mi dice "Mamma poggila nel lettino Iaia."
I primi giorni, anche se a 10 di distanza dal parto e 7 dal ritorno a casa non sono poi quest'infinità di tempo, sono stati i più tosti dal punto di vista della richiesta di attenzioni: oltre alla novità della sorellina, ci si è aggiunta febbre ed acetone, che rendono qualsiasi bambino molto più bisognoso/richiestoso di coccole ed attenzioni, senza contare la mia tosse al limite del rimanere senza fiato accovacciata per terra.
Ed ora penso che stamattina sono riuscita a rientrare nei jeans pre-Iaia standoci pure larga (di poco) che forse è un buon segno per rientrare pure nei vestriti pre-Mimi, che ci sono un sacco di cose che vorrei fare più che doverle fare e che so che le farò tutte piano piano, tra cui liberarmi di tutto il vestiario che non metto e che mi occupa l'armadio per nulla.
Ma soprattutto ora penso che mi laverò i denti, prenderò una tachipirna per la pubalgia che non ho sofferto in gestazione, ma che ho adesso, e me ne andrò a letto tra le mie due gatte dalgi stivali: una da nevel'latra di lana babbucciosi.

2 commenti:

  1. E dopo questa (sana) crisi di logorrea... buon inizio. A tutti e quattro.

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  2. Un po' alla volta vedrai che tutto si sistema. Se qualcuno arriva tardi perché c'è traffico, farà qualcosa in più dopo. Se la Mimi avrà crisettine di gelosia inevitabile, coinvolgila con la scusa che senza di lei non ce la potrai fare. E tu scegli ritmi lenti.
    Roberta

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